lunedì 28 settembre 2009
La Nave va ........ fino al Corriere.it
A due anni dalla manifestazione popolare (era domenica 23 settembre 2007) che ha segnato la storia sociale di Ortona e che al grido "MEGLIO IL VINO DI FRATINO&DIMARTINO" ha visto sfilare più di 2.500 cittadini tra le vie della città, ci ritroviamo oggi ad aver saputo vincere tutti insieme la battaglia mediatica contro lo spauracchio del petrolio in Abruzzo!
Ne è la prova l'ennesimo appello di chi si può considerare a ragione la paladina di questa interminabile lotta sociale, la Prof.ssa Maria Rita D'Orsogna, apparso in questi giorni su www.corriere.it, il quotidiano on-line più seguito in Italia.
Appello, riportato fedelmente di seguito, in grado di evidenziare ancora il pericolo incombente che grava sulla nostra regione per niente scongiurato dagli spot pre-elettorali ribaditi più volte dal governatore dell'Abruzzo Chiodi e dal suo presidente del consiglio!
Oggi, grazie agli sforzi di tutti, il problema "Petrolio in Abruzzo" ha una risonanza nazionale; il NO forte e deciso espresso da 8 persone su 10 abruzzesi denota senza dubbi che l'Abruzzo vuol rimanare ancorato alla sua storica economia agricola puntando nel terzo millennio verso uno sviluppo sostenibile turistico ed ambientale!
L'unica incongruenza di tutta questa vicenda è che Ortona si ritrova oggi un'assessore provinciale alla cultura e al turismo che proprio due anni fa, come presidente del consiglio comunale benedisse sfacciatamente l'arrivo del petrolio, attraverso comizi pubblici, con esternazioni alla stampa e con diverse migliaia di pubblicazioni cartacee diffuse per tutta la città (pur essendoci il divieto di volantinaggio in tutto il territorio comunale) !!!!! Un tonfo diplomatico e politico oggi che evidenzia quanto conta in realtà all'interno di divisioni partitiche il neo presidente Di Giuseppantonio, e quanto hanno a cuore tutti i politici il problema della petrolizzazione in Abruzzo!
Noi, continuando a difendere la nostra terra da questi bassi sciacalli della società, confermiamo quanto è stato finora detto e fatto!
"NO AL PETROLIO IN ABRUZZO - MEGLIO IL VINO DI FRATINO&DI MARTINO"
- - - - - - - - - - - - - - - - - -
da www.corriere.it
L'Abruzzo non vuole diventare un pozzo (petrolifero) senza fondo
Nel mirino anche le colline del Montepulciano Doc e Il parco nazionale della Majella. Un piano prevede di installare impianti di estrazione sul 50% del territorio: a rischio agricoltura e turismo!
Spero che vogliate parlare di tutto l'Abruzzo come zona da salvare. L'Eni infatti si appresta a trasformare la nostra regione in un mega campo petrolifero, trasformando il 50% del territorio in zona per l'estrazione del petrolio, comprese le colline del Montepulciano Doc, Il parco nazionale della Majella, e quello di Lazio ed Abruzzo. Sono due anni che cerco di sensibilizzare abruzzesi - politici, popolo, giovani e chiesa cattolica su questo grave problema, con la stampa nazionale che sembra essere mummificata. La Basilicata, dove si trivella da 15 anni, muore, e io vorrei che per una volta in Italia fossimo preventivi e fermassimo il degrado ambientale prima di iniziare a contare i morti. In Basilicata si puo.
Il petrolio abruzzese è di qualità scadente. E' un fango fortemente corrosivo e denso. L'indice API è 12. Il petrolio migliore del mondo è quello texano ad inidice 40. Quello peggiore sono le sabbie del
Canada con indice 8. Dunque, il petrolio abruzzese giusto un po meglio delle sabbie bituminiche dell'Alberta. L'idea dell'Eni è quella trasformare 15 ettari di terra a Montepulciano doc ad Ortona in una raffineria di petrolio creata apposta per desolforizzare le schifezze del sottosuolo abruzzese. Questo centro deve sorgere a 500 metri dal mare. Si parla di costruirne altri due nella piana di Navelli e nel Teramano. Le trivelle nel mare a Pineto ospiteranno la desolforazione sulle piattaforme stesse. L'Abruzzo quest' anno è arrivato quarto al Vintilaly di Verona per numero di medaglie sulla qualità dei vini.
Questa regione fino a 50 anni fa era povera. Ora, la possiamo rigirare come vogliamo, ma vino, agricoltura, turismo e petrolio non possono coesistere. Alcuni studi dell'università californiana Davis, con uno dei dipartimenti di agricoltura più famosi d'America, ha concluso (30 anni fa!) che le emissioni di idrogeno solforato alle stesse dosi di quelle consentite dalla legge italiana, causa la morte dei vigneti. Bucare in lungo e largo l'Abruzzo significherà quasi sicuramente compromettere tutta la nostra agricoltura.
Il rapporto guadagno petrolfiero/perdita agricoltura è infinitamente basso. Ad Ortona, il petrolio porterà a 30 posti di lavoro (l'ha detto l'Eni stessa) a fronte di 5000 famiglie nei vari comuni attorno alla proposta raffineria impiegate nell'agricoltura che perderanno il loro sostentamento, per non parlare del turismo e della pesca del luogo. Il petrolio abruzzese non è una risorsa per l'Abruzzo, ma per l'Eni. Non esiste un comune "petrolizzato" in Italia dove si vive bene con il petrolio: esplosioni a Trecate, petrolfiere inabissate a Genova, bimbi deformi a Gela, tumori fuori ogni limite a Falconara, inquinamento alle stelle a Melilli, Priolo, Augusta, Cremona, Falconara, Mantova, Sannazzaro, Sarroch, Marghera, manfredonia.
Anche per quanto riguarda le famose royalties, facciamo pena. In Norvegia fra tasse locali e governative, devi lasciare l'80% del ricavato ai Norvegesi. In Italia, le tasse governative sono del 30% e poi agli Abruzzesi resterà l'1% della ricchezza estratta. Però se estrai al di sotto di un certo limite, paghi zero spaccato. Chi controlla il greggio estratto è l'estrattore stesso! Ai petrolieri si vuole regalare il 50% del territorio, compreso parte dei parchi nazionali e la costa. Su quei territori vive l'80% della gente d'Abruzzo. Un sondaggio fatto dal governo centrale mostra che il 75% degli abruzzesi è contrario alle trivelle. La terra non è dell'Eni ma degli Abruzzesi. Grazie ad altre opere già portate avanti (fra cui la centrale turbogas di Gissi), l'Abruzzo già produce più energia di quanto gli serva. Il petrolio non può coesistere con l'Abruzzo che conosciamo oggi.
Maria Rita D'Orsogna
Assistant Professor Department of Mathematics
California State University at Northridge Los Angeles CA
- - - - - - - - - - - - - - - - -
VALUTAZIONE AMBIENTALE ED ECONOMICA (a cura del Wwf)
Un’oasi di bellezza tra il cemento che copre gran parte della costa abruzzese, con unicità botaniche, geologiche, faunistiche e storiche, è quella che si dispiega nel tratto litoraneo che va da Ortona a San Salvo. Un susseguirsi di falesie, calette, spiagge sabbiose e ghiaiose, interrotte dai famosi “trabocchi”, scheletri di legno magicamente sospesi tra la terra e il mare per pescatori poco avvezzi alle onde. A ridosso della costa le colline del Montepulciano da cui si ricava il pregiato vino, degno prodotto di un luogo anticamente chiamato “La terra d'oro“, per la ricchezza delle acque, la fertilità delle campagne e le bellezze paesaggistiche . Questo lembo di costa, miracolosamente salvatosi grazie al vecchio tracciato ferroviario- ora dismesso- sta scomparendo a ritmi vertiginosi sotto l'insipienza di gran parte dei nostri amministratori comunali, regionali e del Governo Nazionale, nonostante alcuni iniziali e importanti tentativi di salvaguardia. E' nel 2001 che inizia l'iter istitutivo del Parco della Costa Teatina mai portato a termine da nessun governo regionale che si è succeduto. Solo nel 2007 vengono istituite quattro piccole Riserve regionali nell’ambito di un Sistema di aree protette, che non riescono però a frenare la speculazione edilizia. Oggi la costa rischia anche la deriva idrocarburi: aumento costante delle perforazioni petrolifere in mare e in terra, previste dal Piano triennale energetico dell'attuale Ministero degli Affari Produttivi, l'incombente realizzazione di un Centro Oli (raffineria), momentaneamente sospesa grazie alla tenace opposizione di associazioni e comitati di cittadini, la prospettiva di un porto (Ortona) destinato all’industria petrolifera. Come non bastasse fiumi in condizioni disastrose, cementificazione che avanza inarrestabile, spiagge soffocate da stabilimenti e attrezzature balneari che fagocitano i residuali habitat dunali, tingono il futuro di questo specialissimo lembo di costa a tinte fosche.
25 settembre 2009
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento