venerdì 19 ottobre 2007
Da MODICA a ORTONA: similitudini territoriali
INNOVAZIONE TECNOLOGICA E AMBIENTE PER UN NUOVO PROGETTO INDUSTRIALE CONTRO LE TRIVELLAZIONI PETROLIFERE
Articolo gentilmente segnalato da Antonio "Tonino" VANNI
La conferenza mondiale sul clima di qualche anno fa ha dimostrato che il processo di riscaldamento globale, provocato soprattutto dai consumi crescenti di petrolio e di altre fonti fossili, non è più soltanto una minaccia ma sta già producendo effetti drammatici. Senza interventi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica, gli effetti dei cambiamenti climatici andranno aumentando nel tempo, con accelerazione dei processi di desertificazione e abbandono delle colture mancanza di acqua, aumento dei fenomeni climatici estremi. Appare logico che bisogna andare verso il superamento del carbone e del petrolio e verso nuove strade tutt’altro che futuribili: quelle che riducono i consumi e migliorano l’efficienza energetica nei trasporti, nell’industria, nel settore residenziale. Scommettere sulle alternative al petrolio richiede di promuovere la ricerca, l’innovazione; un’economia meno “petrolio-dipendente” è un’economia più moderna. Occorre promuovere un modello alternativo che sia capace di disegnare una prospettiva di sviluppo fondata su risparmio energetico e su fonti rinnovabili, di rilanciare innovazione e ricerca per farci uscire dall’economia del petrolio e costruire un futuro più sicuro, pulito, moderno.
Purtroppo questa visione del futuro, già tracciata e fatta propria dall’Unione Europea non abita in provincia di Ragusa dove alcuni vedono di buon grado le trivellazioni per la produzione di idrocarburi liquidi e gassosi. Per fortuna assieme agli ambientalisti già si levano le opposizioni alle trivellazioni di importanti categorie economiche che vedono nel rispetto della natura e del territorio il loro futuro. Lo sfruttamento del petrolio è infatti un’attività definita ad alto impatto ambientale: occupazione del suolo (postazioni di estrazione, centro oli, reti di trasporto), emissioni in atmosfera e al suolo (principalmente centro oli), rischio di incidenti che per quanto possa essere limitato non può mai essere eliminato (reti, pozzi, centro oli), rischio idrologico (l’attività di perforazione spesso comporta l’attraversamento di acquiferi sotterranei che forniscono acqua per usi potabili e che potrebbero essere contaminati). L’attività di estrazione può dare qualche vantaggio occupazionale, (si creerebbe un posto di lavoro per ogni 13 milioni di € spesi, nel caso dell’occupazione diretta, ed uno per ogni milione se si considera l’occupazione indiretta. Queste cifre non sono certo espressione di un ritorno occupazionale importante; dati forniti dalla Shell e dalla BP mostrano che l’industria solare produce, a parità di investimento, un numero di occupati maggiore di sei volte rispetto all’industria petrolifera. Uno studio della BP mostra che un investimento di 450 milioni di € in una grande industria solare produrrebbe circa 3000 posti di lavoro, ad un costo di circa 150 mila € per ogni posto di lavoro creato. Uno studio dell’IZI per conto del WWF Italia, stima che il settore delle aree protette garantisce l’impiego di un lavoratore con una spesa di circa 25/40.000 €, che raffrontato con il rapporto occupazione/investimento delle attività petrolifere, rende bene la misura di quale scelta possa essere più conveniente per creare nuovo e duraturo lavoro), ma molto maggiori sono gli aspetti negativi derivanti dalla prevedibile riduzione di qualità, di immagine e di mercato di settori importanti e decisivi (agroalimentare, sistema ambientale, turismo). E poi chi risarcirà gli agricoltori, non solo dei terreni da espropriare per una serie di opere infrastrutturali, ma soprattutto per i danni di immagine, perchè non crediamo che mettere vicino a una bottiglia di vino DOC o a un formaggio Dop o ad un’azienda agrituristica della Val di Noto l’immagine dei pozzi petroliferi è una cosa che invoglia il consumatore a comprare il prodotto di quella zona”. Cosa dire poi della compatibilità del Parco degli Iblei con le attività minerarie previste? Un’ infrastrutturazione della val di Noto come un campo petrolifero, con i suoi pozzi, i suoi centri di pretrattamento del greggio, gli oleodotti e le condotte di collegamento, minano infatti alla base l’immagine di un parco prima ancora della sua nascita, rendendolo poco attraente per chi cerca invece natura "incontaminata" e prodotti sani e genuini.E’ veramente utopico pensare di rendere compatibili tali valori con uno sfruttamento indiscriminato del territorio che sottrae aree boschive, che turba il corso delle sorgenti, che appesta l’aria facendo fuggire uomini e animali. Ed è altrettanto insensato pensare che possano convivere animali selvaggi, le mandrie di vacche, le greggi di pecore, il dedalo di aziende rurali significative anche per le qualità architettoniche, con le esplosioni innescate dalle ricerche petrolifere, con la costruzione di strade e piattaforme che frammentano la continuità del territorio, con le torri di estrazione che illuminano a giorno le notti silenti e stellate degli Iblei.
Sicuramente non si può vivere solo di turismo e agricoltura, anche se nel sud della Spagna ci riescono, ma ci vuole una solida base industriale. Visto che siamo nel paese del sole, il luogo in Europa con la maggiore quantità di energia solare sarebbe molto intelligente scommettere su un’industria elettromeccanica legata alle fonti rinnovabili. Abbiamo conoscenze, un’imprenditoria vivace e siamo nel mezzo del Mediterraneo, luogo deputato ad accogliere impianti di produzione di energia rinnovabile. La dimostrazione che si può è data da un’impresa di Agrigento che ha investito sulla produzione nazionale di generatori eolici e che andrà ad occupare 100 persone solo nel diretto, nella zona industriale di Porto Empedocle. Invece di correre dietro al primo venuto che propone di utilizzare le nostre risorse dandoci il classico piatto di lenticchie (l’utilizzazione della risorsa petrolifera è essenzialmente a beneficio delle compagnie multinazionali del petrolio), i politici locali (sindaci in particolare), farebbero bene a pensare nei loro territori ad un progetto di sviluppo industriale basato sulla produzione di impianti e componenti per il solare fotovoltaico e termico, l’eolico soprattutto il mini, e le biomasse, su sistemi di risparmio energetico in edilizia, e su tutto ciò che va nella direzione di un’economia sostenibile. Infatti la fonte petrolifera è destinata nel breve- medio termine ad essere sostituita da altre fonti energetiche, come attestano le varie stime degli esperti e l’aumento della ricerca delle stesse compagnie petrolifere verso il settore delle energie rinnovabili. Il mondo purtroppo, causa i disastri ambientali dovuti all’effetto serra, deve andare in questa direzione, e il treno non passa tutti i giorni.
Notte Bianca Modica
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3 commenti:
si all alternativo
no all' anacronistico
si all'energia rinnovabile
no al centro oli
ortona centro
sez.proteste
NO AL CENTRO OLI
Mauro la penso esattamente come te..non si possono fare scelte come il Centro Oli nel 2007..
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